domenica 10 novembre 2013

Triste saga dell’italianità: la Padania ci mette solo il set e i quattrini


Da giorni veniamo tampinati con la vicenda Cancellieri-Ligresti-Peluso- Malinconico cui si aggiungono ogni ora tasselli  maleodoranti e altri cognomi pelasgici. Non si vuole qui entrare nel merito delle responsabilità che diventa un dettaglio quasi trascurabile davanti al devastante panorama oppresso da puzza di bruciato e afrori mediterranei. La sola cosa sicura dell’intera vicenda è infatti l’italianità di tutti i protagonisti: italiana la Cancellieri doppiata da Tina Pica, italiani i Ligresti, italiani, anzi italianissimi, anzi fratellissimi, i loro intimi La Russa, italiano il Peluso senior, italiane le sue fustelle, italiano il Peluso junior, italiane le sue buonuscite, italiano il Melanconico (la melanconia fa parte dell’italianità edoardiana del chiagne e fotti), italiani i suoi rimborsi spese, italiani i magistrati, italiani i cancellieri (minuscolo) che trascrivono, italiani i secondini e i poliziotti, italiani i politici che solidarizzano. I padani ci mettono solo il set e i quattrini.


È solo l’ultimo episodio della triste saga dell’italianizzazione della Padania. L’italianità è una marea che ha risalito lo stivale come il nome stesso che contrassegnava la Calabria meridionale nel VI secolo a.C. e poi si è arrampicato sulla penisola come uno sciame di termiti. L’italianità è una specie di muffa che ricopre e corrode tutto, che deteriora comunità “normali” impestandole di corruzione, malaffare, omertà, intrallazzi, furberie e dieta mediterranea. Dalle nostre parti non erano certo tutte rose e fiori prima che qualche sconsiderato abbattesse secolari cordoni sanitari,  però il Granducato di Toscana era lo Stato più civile e corretto d’Europa, l’attentissimo Banco di San Giorgio  controllava la destinazione di ogni parpagliola genovese, la Serenissima curava la virtù dei propri amministratori anche nel chiuso delle loro case, la gestione del Lombardo-Veneto era efficace, veloce e correttissima. Qualche grossa anomalia la presentavano i vertici del Regno di Sardegna e non è un caso che proprio loro abbiano fatto il pateracchio.  Così la Padania è stata invasa da burocrati con l’unghia del mignolo a paletta, divise arroganti, “lei-non-sa-chi-sono-io”, “eccellenze”, malavitosi a manetta, politici “accorti” ed è diventata terra di conquista di tutti i peggiori vizi e sodalizi partoriti in altre latitudini. All’italianità non scampa quasi nessuno. C’erano categorie che si salvavano ma che sono state aggredite: oggi – ad esempio – anche sindacalisti, calciatori, preti e ciclisti sono italiani. Uno che doveva essere una sorta di prototipo di lombardità – il Berlusconi – è diventato partenopeo nei modi, nelle frequentazioni e nelle intimità, nel partito di Grillo ci sono quasi solo italiani, anche la Lega si è italianizzata per via di tesorieri, mogli, badanti e portavoce. L’italianità è una malattia mortale da cui sembra impossibile salvarsi. L’italianità è inoculata per via scolastica, tracima da cinema e televisioni,  anche la  bella lingua toscana si è italianizzata. L’Italia è dappertutto, e dappertutto corrode e distrugge: Alitalia, Bankitalia, Trenitalia, Salvaitalia, Forzaitalia, Equitalia. Basta Italia!

Due possibili cure da cavallo, due medicine alternative: il Fosso del Chiarone o la Linea Gotica.