Eppure Flavio Tosi, il sindaco
«diversamente leghista» di Verona che, con la benedizione del Carroccio, va a
caccia dei voti moderati del centrodestra e che vuol candidarsi, se mai saranno
fatte, alle primarie di coalizione, sta già sperimentando la nemesi che
colpisce chiunque osi aspirare a una posizione di vertice dello schieramento
più preso di mira dalle procure: i pm di Verona, infatti, hanno già puntato la
sua amministrazione e gli stanno col fiato sul collo. E anche se lo tsunami
giudiziario, per adesso, lo ha soltanto lambito, visto che ha colpito il suo
vicesindaco e braccio destro, il segnale, per Tosi, è sicuramente inquietante.
Per la tempistica, visto che arriva proprio ora che il sindaco tenta il lancio
in grande stile fuori dallo scacchiere di Verona e del suo Veneto. E per le
prospettive future, dal momento che, al di là del merito delle singole
indagini, la scure dei magistrati si abbatte su quel modello Verona che Tosi
vorrebbe tentare di esportare su scala nazionale.
È una brutta aria quella che tira, da un
po' di tempo a questa parte, nella città scaligera guidata da uno degli uomini
di punta della nuova Lega voluta da Bobo Maroni. Da mesi si susseguono voci,
veleni, «corvi» che denunciano che, altro che nuovo, la musica del malaffare
amministrativo in città con Tosi non è cambiata. E adesso, puntuali come un
orologio, sono arrivate anche le inchieste. Tre, nel giro di pochissimi giorni:
quella sulla parentopoli nelle municipalizzate; quella sull'Agec, l'agenzia che
si occupa delle proprietà immobiliari del Comune, che la scorsa settimana ha
portato all'arresto di otto dirigenti e a una bella gatta da pelare per
l'amministrazione visto che sono venute fuori anche alcune intercettazioni in
cui si parla di «sabbia» da servire ai bimbi delle scuole al posto della carne;
e dulcis in fundo l'ultimissima tegola, che ha colpito al cuore Tosi visto che
l'indagato, Vito Giacino, oltre ad essere il vicesindaco, è uno degli uomini
più vicini al primo cittadino, un ex Pdl candidato della lista civica che
portava il suo nome. Cosa avrebbe fatto il vicesindaco? Ad accusarlo è un
«corvo», un anonimo, che si scaglia, come ricostruisce Il Gazzettino, contro
«l'arroganza» di Tosi e del suo vicesindaco. L'inchiesta riguarda la
ristrutturazione di una appartamento acquistato dal vicesindaco, presunte
corsie preferenziali in Comune per l'aggiudicazione di appalti pubblici. E
consulenze legali che alcune ditte aggiudicatarie degli appalti avrebbero
affidato alla moglie avvocato del vicesindaco. L'indagine è ancora nella fase
preliminare. Allo stato attuale gli inquirenti hanno soltanto effettuato
perquisizioni al Comune e nello studio legale in cui lavora la moglie del
vicesindaco, acquisendo documenti. Giacino si protesta innocente. E Tosi si è
schierato al suo fianco, dandogli fiducia. E insinuando un dubbio: «Il fatto
della tempistica così ravvicinata è singolare, se lo chiedono in tanti...».
È preoccupato, Tosi. Per la prima volta
lui, il leghista della prima ora che ha rottamato il padre del Carroccio
Umberto Bossi, il sindaco che alle amministrative 2012 che lo hanno
riconfermato ha messo con le spalle al muro, imponendo le liste civiche, sia il
Pdl sia la Lega, l'aspirante homo novus del centrodestra, si sente braccato.
L'improvvisa escalation delle indagini sulla giunta che lui guida è sotto gli
occhi di tutti. Così come è un dato di fatto che questa escalation,
temporalmente, coincide con la sua discesa in campo. Chi in questi giorni l'ha
incrociato, anche in tv dietro le quinte, parla di un Tosi in tono minore,
silenzioso. Si vedrà. Del resto, la partita a scacchi coi pm è appena
cominciata.