Oramai è per davvero vomitevole
il sudicio “doppiopesismo culturale” con cui vengono letti, commentati e
violentati i fatti. L’intellighenzia occidentale – per lo più composta da
impotenti radical-chic e da flaccidi cialtroni accademici – persiste a
prostituire, in modo sconcio ed indecente, la verità sull’altare della paura.
Sì, è così: le “grandi firme” dei più noti giornali occidentali, i pennivendoli
che stanno in cima alle classifiche editoriali e gli (pseudo)uomini di
(pseudo)cultura che stanno rannicchiati dietro le loro cattedre universitarie,
insomma quelli che dovrebbero essere i “pensatori” dell’Occidente, proprio
loro, hanno paura dell’odio islamico. E ne hanno una paura estrema. Impauriti e
corrucciati come sono – abituati ai comodi sofà dei salotti dell’alta borghesia
in decadenza e assai legati ai loro grassi introiti economici – temono per la
propria vita: insomma se la fanno addosso. Dicono che l’islam è “la culla della
civiltà”, scrivono che “il Corano è un testo magnifico” e starnazzano
pubblicamente la quint’essenza dei luoghi comuni più beceri: ma non lo fanno
perché non conoscono la verità, lo fanno per paura. Solo per paura. Non si può
credere, infatti, che i soloni della modernità non sappiano tutte le porcherie
che stanno scritte dentro il Corano, non conoscano la storia violenta e
sanguinaria della vita di Maometto e si siano dimenticati di debitamente
informarsi sui quotidiani crimini contro l’umanità che, giorno dopo giorno, gli
islamici compiono contro ogni persona che essi ritengano essere “infedele”.
Tutte queste cose gli aedi del “politically correct” le conoscono fin troppo
bene: e, forse, nei loro ristretti circoli, massoni e omosessuali, tali verità
trovano spazio, come fossero segreti da mai svelare. Eppure “in pubblico” la
verità non può avere l’onore di essere più detta, scritta e divulgata. Bisogna
stare attenti a non ferire la “sensibilità” degli islamici: quasi questi
fossero innocenti verginelle, non solite a commettere i peggiori abomini! E
così ogni atroce massacro perpetrato dai cosiddetti “figli di Allah” (“il
misericordioso”, come dicono i musulmani) viene ripulito, dal sangue degli
innocenti, sulla base di cantilene divenute oramai insopportabili: una volta
l’assassinio di Tizio è giustificato, o quantomeno compreso, dal fatto che
alcune vignette di Caio avrebbero offeso la sensibilità (bigotta e ridicola)
degli islamici; l’altra volta, a stuprare le candide anime dei discepoli
maomettani, sarebbe stata l’odiata America “crociata e giudea”; altre volte
ancora dei film, altre ancora delle magliette, altre ancora chissà. Intanto ci
ammazzano. E ci ammazzano come si ammazza una gallina. Senza pietà. E noi
stiamo seduti, rimbambiti dalla paura e dal “politically correct”, davanti alla
televisione, o davanti ad un giornale aperto, a farci convincere – dai
pennivendoli occidentali impauriti – che, in realtà, l’islam è una “grande
religione di pace”. E qualcuno, oramai completamente rintronato dalla menzogna,
ci crede per davvero. Proprio mentre scorrono le immagini di sangue e terrore
sugli schermi, proprio mentre leggiamo dei cristiani bruciati nelle chiese,
proprio mentre ci tornano alla memoria le immagini, folli e disperate,
dell’Undici Settembre. Con tutta questa paura di essere oggetto della violenza,
completamente folle, degli islamici, stiamo rinunciando volontariamente alla
libertà di espressione: con il beneplacito di quelli che dovrebbero essere i
nostri uomini di cultura, i nostri politici, i nostri artisti. Così facendo ci
spazzeranno via.