Una valanga di ministri dal centronord e
pochi meridionali. Matteo Renzi ha scelto una squadra facendo fuori Cécile
Kyenge (ottima notizia visto la sua totale inutilità) e pescando nel
Mezzogiorno solo per Angelino Alfano e Maria Carmela Lanzetta. Ovvio che non
potessero mancare alcuni romani, così da non scontentare la Capitale: ecco per
esempio Federica Mogherlini e Marianna Madia. Quest’ultima, classe 1980, è
quella che pochi mesi fa s’era presentata da Zanonato scambiandolo per l’altro
ministro Giovannini. Se pensate che la distrazione possa qualificarla come
un’incapace state tranquilli: Giorgio Napolitano la conosce, visto che aveva
una relazione con suo figlio Giulio (classe 1969). Siamo sicuri che se fosse
inadatta l’uomo del Colle l’avrebbe stoppata con sdegno.
Ammettiamo che restano comunque dei
dubbi, visto che la Madia è finita sotto i riflettori grazie a Valter Veltroni,
non proprio uno scopritore di talenti. Poi s’è spostata di colpo fino ad
abbracciare Renzi: si sa che le pugnalate democratiche vanno molto di moda.
Se proprio dobbiamo dirla tutta, la
squadra del toscanaccio Matteo è una delusione. Però possiamo spremere qualche
buona notizia. Eccole, un po’ sparpagliate: oltre al siluramento della Kyenge
non sono tornati nella stanza dei bottoni Nunzia De Girolamo (che si era già
dimessa dalle Politiche agricole, peraltro senza essere indagata), Gaetano
Quagliariello, Fabrizio Saccomanni. Ci fermiamo qui perché altrimenti rischiamo
di farci prendere la mano e snocciolare tutta la formazione che ha fatto
esonerare Letta. Notiamo che agli Esteri non c’è più Emma Bonino, radicale, che
dichiara stupita: «Ho saputo della mia sostituzione dalla tv». In pratica è
successo come quand’era al dicastero: le cose accadevano ma rigorosamente a sua
insaputa. Ricorderete il caso della dissidente kazaka espulsa dall’Italia: né
Emma né il prode Angelino del Viminale erano informati. Ed è davvero
sconvolgente, visto che il Belpaese non butta fuori neanche Jack lo
Squartatore. Per una volta che qualche straniero viene impacchettato, il
governo dorme e viene cacciato il forestiero sbagliato. Ogni riferimento al
picconatore di Milano, Kabobo, che è finito a spaccare teste nonostante fosse
senza documenti e con un lungo elenco di reati è puramente voluto.
Per carità di patria non ricordiamo
l’altro capolavoro della Bonino, ovvero la gestione del caso marò. Ha promesso
massimo impegno, e infatti i due italiani restano in gattabuia in India. Non
avesse avuto tutta la stampa compiacente – che ormai non si nega a nessuna donna
a meno che non sia di destra – la Bonino sarebbe stata massacrata.
Siamo curiosi di capire come si
comporterà Andrea Orlando alla Giustizia: pare una figura di mediazione. Un
personaggio certamente non berlusconiano ma neanche un ultrà manettaro. Il rischio
è che tocchi nulla, così che la magistratura possa continuare a spadroneggiare.
Segnaliamo, inoltre, che se la squadra
di Matteo è una delusione poteva andare anche peggio. Alcuni dei nomi circolati
in settimana erano davvero da incubo. Gino Strada, per esempio: è un ottimo
medico ma ci pare un filino estremista nelle sue idee anti-americane e
terzo-mondiste. Per non parlare di Oscar Farinetti di Eataly, il prototipo del
riccone di sinistra che paga due lire i suoi dipendenti ma che fa il moralista.
Peraltro è pure capitato che l’ottimo Farinetti abbia fatto perquisire i
lavoratori all’uscita dei suoi centri a Bari e Roma. Non a Milano o Torino. Ma
proprio a Bari e Roma. Temeva si portassero a casa qualcosa. Poi va alla
Zanzara a criticare la Lega e la secessione, ma questo è un altro discorso.
Per concludere: il governo Renzi ci pare
largamente insufficiente. Non parla milanese stretto ma neanche siculo.
Aggrappiamoci alle modeste consolazioni che abbiamo elencato poco sopra e
illudiamoci che la Svizzera decida di invaderci. Bye bye sciura Kyenge.
Articolo tratto da: L'intraprendente