Dopo lo stop alla discussione generale
nell'Aula della Camera sul dl Salva Roma, il governo ha ritirato il decreto.
Secondo quanto si è appreso, ai
capigruppo di Montecitorio riuniti il 26 febbario, il ministro per i Rapporti
con il parlamento Maria Elena Boschi avrebbe comunicato che il governo prende
atto dell'ostruzionismo e rinuncia al provvedimento.
TROPPI EMENDAMENTI. Il governo «varerà
un nuovo provvedimento, dopo una valutazione dei contenuti, che contenga anche
le norme sull'Expo e sulla Sardegna», ha assicurato il ministro spiegando che
si è deciso di «rinunciare alla conversione del decreto in ragione del'elevato
numero di emendamenti, che avrebbero potuto tenere l'Aula impegnata per 215
ore, ben oltre la scadenza del testo».
LA LEGA ESULTA. Soddisfatto il
Carroccio. «Vittoria della Lega! Il governo ritira il decreto Salva-Roma e gli
italiani risparmiano 1 miliardo di euro, che sarebbe finito a tappare il buco
della Città più indebitata del mondo», ha scritto su Facebook Matteo Salvini,
segretario federale della Lega Nord: «Chi sbaglia paga, politici romani a casa!
Lega, unica opposizione».
REAZIONE A CATENA. Le prime reazioni del
Campidoglio sono arrivate per bocca di Mirko Coratti, esponente del Pd e
presidente dell'Assemblea capitolina. «Un default della Capitale rischierebbe
di innescare una reazione a catena che potrebbe coinvolgere l'intera economia
nazionale».
Il sindaco Ignazio Marino si sarebbe
sfogato così al telefono parlando con esponenti del governo: «Non si può
amministrare Roma in dodicesimi».
Marino si riferiva all'«economia di
guerra» cui sono costretti i Comuni fino a quando non approvano il bilancio.
Amministrare in dodicesimi in sostanza
significa non fare uscire dal bilancio più di un dodicesimo di quanto speso
l'anno prima. E ciò comporta naturalmente tagli ai servizi e blocco degli
investimenti.