È
il secondo fulmine a ciel sereno in pochi mesi e stavolta crea per i conti
pubblici una vera e propria voragine. Dopo il caso - non ancora
risolto - dei dirigenti fiscali, che non pochi problemi ha creato e sta creando
al lavoro quotidiano dell’Agenzia delle Entrate, la sentenza della Corte
Costituzionale che ha bocciato il blocco delle pensioni voluto dall'ex premier Mario
Monti e attuato dall'allora ministro Elsa Fornero ha
colto alla sprovvista Ragioneria generale dello Stato e tutto il ministero
dell’Economia.
Di
calcoli ufficiali non ne sono stati ancora fatti, al di là di quelli di qualche
tempo fa dell’Avvocatura generale, ma nei corridoi di via XX Settembre non si
nasconde una seria preoccupazione per il bilancio pubblico. Che si tratti o
meno effettivamente di 5 miliardi di buco, la Consulta ha infatti
scompaginato di nuovo le carte, rendendo concreto il rischio di mandare in
soffitta ogni buon proposito sulla destinazione del tesoretto renziano da 1,6
miliardi. Ma certo, va registrata la voce di Palazzo Chigi che assicura che,
anche se difficile, si troverà una soluzione. Il "risarcimento" dei
pensionati penalizzati dal Salva Italia potrebbe comunque
scattare in automatico e costare caro a tutti gli italiani.
"Se
si dichiara illegittima la mancata corresponsione dell’adeguamento, quei
pensionati ora hanno diritto ad averlo - tira le somme il viceministro dell’Economia
Enrico Morando - la conseguenza è che l’adeguamento va corrisposto". Secondo il Messaggero,
nel giro di due anni i pensionatiche ricevono un assegno da 1.500
euro lordi avrebbero perso circa 60 euro al mese. Pertanto, lo Stato dovrà
rimborsar loro circa 1.500 euro.
Le
vere, rilevanti conseguenze saranno per i conti dello Stato. A pesare non
sarebbero solo i rimborsi per gli anni in cui il blocco è stato dichiarato
illegittimo (2012 e 2013), ma anche quelli per i mancati esborsi degli anni
successivi, in una sorta di effetto trascinamento. Come aggravante della sua
sentenza, la Consulta ricorda infatti che, per le modalità con cui opera il
meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di
acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, "è,
per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni sono, infatti,
calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale,
che dal mancato adeguamento è già stato intaccato". In via ufficiale
il ministero dell’Economia si limita a sottolineare che "il tema è
all’attenzione" e che "si valuteranno le motivazioni
della sentenza e l’impatto sulla finanza pubblica". Ma trovare
liquidità fresca sarà un nuovo, estremo, rompicapo per tutto il governo,
già alle prese con la spending review ed intenzionato in tutti i modi a non
accrescere la pressione fiscale. Un escamotage lo suggerisce il presidente
della Commissione Bilancio, Francesco Boccia, secondo cui le somme arretrate
potrebbero incidere sulla riclassificazione delle poste di bilancio degli
esercizi 2012 e 2013. Inevitabile però per quest’anno una valutazione sul saldo
netto da finanziare e sul fabbisogno dello Stato. Con contraccolpi sicuri sul
debito pubblico, che poi è il vero problema dell’Italia.