domenica 9 dicembre 2012

Moneta complementare, uno strumento per battere la crisi

Wörgl è una cittadina del Tirolo, dodicimila anime e meta prediletta per gli amanti dello shopping. Se si sfogliano a ritroso le pagine di storia, si trova in miniatura la fotografia di quanto sta accadendo e potrebbe accadere agli stati nazionali, soprattutto in Europa: era il 1932, un momento di grave crisi, la disoccupazione è al 35%, il Municipio (allora di quattromila abitanti) e le imprese non ce la fanno, la banca centrale non eroga liquidità. Il sindaco, Michael Unterguggenberger, riunisce imprenditori, commercianti, operai, dipendenti pubblici e fa stampare una propria moneta: tagli certificati, spendibili in tutto il territorio comunale, utilizzati anche per pagare gli stipendi e le tasse, e che il Comune investe immediatamente in opere pubbliche, facendo lavorare tutti i disoccupati: vengono costruiti ex novo un ponte sull’Inn, quattro strade, rimodernate le fognature, ampliata la rete idrica. Tutti spendono e ricevono questa moneta locale. Finché nel 1933 intervenne la Banca centrale austriaca e smantellò tutto: il paese aveva imparato a fare a meno delle banche, e anche dai Comuni limitrofi si dimostrava interesse.
Oggi la Bce e il Governo Monti non hanno ancora messo gli occhi sui tanti esperimenti vivi e vegeti: il Sardex in Sardegna, l’EuroBexb nel Bresciano, lo Scec in Campania. In Europa il caso più celebre è quello dello Wir di Basilea, ma solo il Francia e in Germania se ne contano a decine. Bastano pochi clic in Internet per sbarcare sull’affascinante pianeta delle monete complementari. In Lombardia il primo a crederci, non senza incontrare un muro di diffidenza, è stato il vicepresidente della Regione, Andrea Gibelli. E ieri a parlare di quello che in futuro potrebbe essere chiamato “Lombard” c’erano accademici della Bocconi, del Politecnico di Milano, dell’Università di Bergamo, rappresentanti di Finlombarda, del Ministero dello Sviluppo Economico, di banche, di consorzi e società. Si fa sul serio, al punto che, vincendo scetticismo e probabili resistenze di corporazione, il convegno è stato aperto dal Governatore Roberto Formigoni, mettendo l’imprimatur definitivo.
Regione Lombardia, del resto, ha già dovuto imparare a fare a meno di banche e Stato centrale: ha creato un Fondo socio-sanitario per pagare i fornitori del settore entro 60 giorni e inventato “Credito adesso”, 500 milioni per le imprese, di cui 200 ancora disponibili (e il prossimo anno saranno 2 miliardi).
«La Banca europea degli investimenti (Bei) ci considera già una nazione a sé - sottolinea Gibelli in un passaggio – Noi oggi cerchiamo strumenti per andare oltre la Finanza trasferita, per superare il calo del credito. Bisogna guardare la storia, quella della moneta complementare non è una moda del momento. Non è nemmeno un attacco alle banche o all’euro: si tratta semplicemente di rompere un tabù». E nell’auditorium di Palazzo Lombardia sono i numeri e i grafici a inchiodare la realtà, a dimostrare che la moneta è una “costruzione istituzionale” e che deve perciò “circolare”. Le possibilità per una rivoluzione culturale ci sono: digitalizzare la moneta e le procedure, imparare a valorizzare la filiera, investire e spendere sul territorio, trasformare i crediti in quote societarie, fino ad abbattere persino i rischi per le stesse banche. Dal prossimo anno 600mila cittadini di Nantes useranno la moneta complementare, e molti se la troveranno addirittura in busta paga. Nel 44% dei Comuni sardi circola il Sardex, mentre a Basilea e dintorni sono in 60mila ad utilizzare il Wir. Modi complementari di usare il meccanismo della camera di compensazione per ristabilire la sovranità monetaria. Una moneta che torna ad essere strumento e non cappio. Una moneta che valorizza il territorio e lo spirito di comunità. C’è tanta cultura leghista e comunitaria in questo progetto. Soprattutto ci sono tanti esempi nel Paese e in Europa che funzionano. E bene. Una rivoluzione alle porte, insomma. Di quelle che non piacciono agli amici di Monti.

da La Padania del 4/12/2012,
articolo di Massimiliano Capitanio