La
cittadinanza non deve essere lo strumento per agevolare l’integrazione ma,
al contrario, il provvedimento
finale di un reale processo di inserimento del soggetto nella realtà sociale in cui vive. La Lega
Nord è dunque sempre stata contraria a qualsiasi progetto volto a ridurre gli
attuali dieci anni per la concessione della cittadinanza. Anzi, riteniamo che sia
necessario invece introdurre, accanto al suddetto requisito dei dieci anni di regolare
residenza nel nostro Paese, anche il superamento di un apposito esame di
conoscenza della nostra lingua, della nostra storia e delle nostre istituzioni, nonché il
possesso di un idoneo reddito soggetto a tassazione e la rinuncia alla cittadinanza di
origine. Il test dovrà svolgersi presso il comune di
residenza a cura di una commissione insediata dal sindaco, in ossequio al
principio di sussidiarità e con il
coinvolgimento della comunità nella quale il richiedente intende vivere. Tali ulteriori
requisiti costituiscono condizione necessaria onde verificare la reale volontà
dell’immigrato di integrarsi nel nostro paese, non solo di risiedervi.
La
cittadinanza italiana è regolata attualmente dalla
legge...5 febbraio 1992, n. 91 e si basa essenzialmente sullo “ius sanguinis” (diritto di sangue). Lo “ius sanguinis” si fonda sull’elemento della discendenza o della filiazione, e si contrappone al principio dello “ius soli” che fa riferimento alla nascita sul “suolo”, sul territorio dello Stato.
Dunque, in
base allo “ius soli” è cittadino chi nasce sul territorio dello Stato,
indipendentemente dalla cittadinanza
posseduta dai genitori, mentre per iure sanguinis è cittadino italiano chi è nato da
padre o madre italiani.
La legge
91 del 1992 prevede anche l’acquisto automatico della cittadinanza iure
soli, ma ciò è limitato a casi
eccezionali e circoscritti, ossia ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza
dei genitori, essendo lo ius sangunis principio fondante della
materia.
Dopo il
1992 si sono succedute altre leggi che però hanno modificato l'accesso
alla cittadinanza estendendola
solo ad alcune categorie di cittadini che, per ragioni storiche e collegate agli eventi bellici, ne
erano rimaste escluse (la legge 14-12-2000 n. 379 e la legge 8 marzo 2006, n.
124) Oltre che per nascita la
cittadinanza può essere acquisita anche per residenza o per matrimonio. I requisiti per la concessione
della cittadinanza per residenza, o naturalizzazione, sono il permesso di
soggiorno e l’iscrizione anagrafica in Italia per un
periodo di 3 anni per i discendenti di ex cittadini italiani, di 4 anni per i
cittadini comunitari, di 5 anni
per gli apolidi o i rifugiati e per l’adottato maggiorenne, infine di 10 anni per i cittadini non comunitari E’
poi la stessa legge a prevedere che lo straniero nato in Italia, che vi abbia
risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, divenga
cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla
suddetta data.
La
cittadinanza italiana può essere acquisita anche per matrimonio. A tale
riguardo la legge 15 luglio
2009, n. 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” (art. 1,
commi 11 e 12), su proposta dell’allora
Ministro Maroni, ha introdotto alcune importanti modifiche alla normativa in
materia. In base alle nuove disposizioni, il coniuge straniero o apolide di cittadino
italiano che intende acquistare la cittadinanza italiana, deve possedere il
requisito di residenza legale in Italia da almeno due anni dalla data di celebrazione
del matrimonio, mentre precedentemente erano sufficienti sei mesi di
residenza. Tale termine biennale può essere ridotto della metà solo in presenza di
figli nati o adottati dai coniugi. Inoltre, il vincolo
matrimoniale deve sussistere fino al momento dell'adozione del provvedimento, mentre precedentemente, anche
per effetto di giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato (pareri n.
2487 dd. 30.11.1992 e n. 347 dd. 17.05.1993), bastava che le condizioni
previste dalla legge (il matrimonio con il cittadino
italiano e la residenza legale in Italia di sei mesi successiva al
matrimonio) sussistessero prima
della presentazione dell'istanza, senza che perciò avesse alcun rilievo il successivo scioglimento del
vincolo matrimoniale o il trasferimento all'estero della residenza
.
Secondo
gli ultimi dati disponibili del Ministero dell’Interno su base regionale,
nel 2010 su un totale di 38.013
domande, solo 8.270 provenivano dalla Lombardia, seguita dal Veneto con 4.693, Piemonte con
4.486, ed Emilia Romagna con 4.158 domande
accolte.
In
generale, storicamente, tutti i Paesi europei hanno adottato lo ius
sanguinis mentre lo ius soli è
proprio di quei paesi, come gli Stati Uniti d’America, che hanno avuto necessità di attrarre immigrazione per
popolare un vasto territorio e coprire enormi esigenze di forza
lavoro.
Da tempo,
e ciclicamente, nella politica italiana si apre il dibattito sulle modalità
di concessione della
cittadinanza ai cittadini stranieri presenti sul nostro territorio, in
particolare vengono avanzate proposte o
di abbreviazione dei termini a favore dei residenti extra-comunitari o di adozione del
principio dello ius soli per i bambini stranieri nati in Italia. Nella scelta tra i
due criteri non si può prescindere da valutazioni sia di carattere puramente
giuridico che storico-sociale. Per il primo profilo, occorre rilevare che la Costituzione
italiana pone nell’istituto della cittadinanza uno dei suoi cardini
fondamentali, investendolo di un forte valore simbolico e rappresentandolo in stretto
legame con il diritto di voto, il più importante diritto politico del nostro
ordinamento. La Costituzione all’art. 48 conferisce espressamente ed unicamente
ai soli cittadini il diritto di
voto, senza distinguere tra voto politico e voto
amministrativo.
Pretestuose, e per nulla pertinenti con il
problema del diritto di voto, sono i rilievi per cui debba esservi connessione tra il
lavorare, pagare le tasse e il votare per le elezioni locali. Le tasse vengono infatti
utilizzate per finanziare tutti quei servizi (sanità, scuola, ecc) di cui gli
extracomunitari usufruiscono. Dunque tali adempimenti servono solo a coprire gli
inevitabili costi dati dal fenomeno immigratorio che, allo stato attuale, sono
per ora soprattutto a carico delle Comunità e dei cittadini. Non bisogna dunque
confondere tali argomentazioni con il problema della concessione del diritto di
voto: il lavorare e il pagare le tasse su un territorio possono anche non presupporre la
piena appartenenza a quella Comunità. Inoltre
occorre ragionare sull’opportunità storica e strategica di applicare un
principio piuttosto che un altro ad un
determinato territorio in risposta alle esigenze specifiche dello stesso.
L’integrazione, mezzo per il raggiungimento della cittadinanza e non il suo contrario, presuppone necessariamente da parte dell’immigrato la ferma volontà non solo di rispettare le leggi vigenti, le regole nonché le tradizioni del paese ospitante ma anche di farle proprie. A seguito invece dell’intensificarsi dei fenomeni immigratori, la situazione è diventata di difficile gestione, tanto che, come dimostrano i sempre
più
frequenti fatti di cronaca, l’integrazione non è così facilmente raggiungibile.
A tutela di quello che è il nostro patrimonio
non solo giuridico ma anche sociale, la Lega Nord ha sempre espresso contrarietà a
qualunque modifica normativa che possa condurre alla c.d. “cittadinanza
facile”.