mercoledì 13 febbraio 2013

Bersani vuole svendere la cittadinanza. Per noi i diritti si conquistano, non si regalano

La cittadinanza non deve essere lo strumento per agevolare l’integrazione ma, al contrario, il provvedimento finale di un reale processo di inserimento del soggetto nella realtà sociale in cui vive. La Lega Nord è dunque sempre stata contraria a qualsiasi progetto volto a ridurre gli attuali dieci anni per la concessione della cittadinanza. Anzi, riteniamo che sia necessario invece introdurre, accanto al suddetto requisito dei dieci anni di regolare residenza nel nostro Paese, anche il superamento di un apposito esame di conoscenza della nostra lingua, della nostra storia e delle nostre istituzioni, nonché il possesso di un idoneo reddito soggetto a tassazione e la rinuncia alla cittadinanza di origine. Il test dovrà svolgersi presso il comune di residenza a cura di una commissione insediata dal sindaco, in ossequio al principio di sussidiarità e con il coinvolgimento della comunità nella quale il richiedente intende vivere. Tali ulteriori requisiti costituiscono condizione necessaria onde verificare la reale volontà dell’immigrato di integrarsi nel nostro paese, non solo di risiedervi.
La cittadinanza italiana è regolata attualmente dalla legge...
 5 febbraio 1992, n. 91 e si basa essenzialmente sullo “ius sanguinis” (diritto di sangue). Lo “ius sanguinis” si fonda sull’elemento della discendenza o della filiazione, e si contrappone al principio dello “ius soli” che fa riferimento alla nascita sul “suolo”, sul territorio dello Stato.

Dunque, in base allo “ius soli” è cittadino chi nasce sul territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori, mentre per iure sanguinis è cittadino italiano chi è nato da padre o madre italiani.

La legge 91 del 1992 prevede anche l’acquisto automatico della cittadinanza iure soli, ma ciò è limitato a casi eccezionali e circoscritti, ossia ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori, essendo lo ius sangunis principio fondante della materia.

Dopo il 1992 si sono succedute altre leggi che però hanno modificato l'accesso alla cittadinanza estendendola solo ad alcune categorie di cittadini che, per ragioni storiche e collegate agli eventi bellici, ne erano rimaste escluse (la legge 14-12-2000 n. 379 e la legge 8 marzo 2006, n. 124) Oltre che per nascita la cittadinanza può essere acquisita anche per residenza o per matrimonio. I requisiti per la concessione della cittadinanza per residenza, o naturalizzazione, sono il permesso di soggiorno e l’iscrizione anagrafica in Italia per un periodo di 3 anni per i discendenti di ex cittadini italiani, di 4 anni per i cittadini comunitari, di 5 anni per gli apolidi o i rifugiati e per l’adottato maggiorenne, infine di 10 anni per i cittadini non comunitari E’ poi la stessa legge a prevedere che lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, divenga cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.

La cittadinanza italiana può essere acquisita anche per matrimonio. A tale riguardo la legge 15 luglio 2009, n. 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” (art. 1, commi 11 e 12), su proposta dell’allora Ministro Maroni, ha introdotto alcune importanti modifiche alla normativa in materia. In base alle nuove disposizioni, il coniuge straniero o apolide di cittadino italiano che intende acquistare la cittadinanza italiana, deve possedere il requisito di residenza legale in Italia da almeno due anni dalla data di celebrazione del matrimonio, mentre precedentemente erano sufficienti sei mesi di residenza. Tale termine biennale può essere ridotto della metà solo in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. Inoltre, il vincolo matrimoniale deve sussistere fino al momento dell'adozione del provvedimento, mentre precedentemente, anche per effetto di giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato (pareri n. 2487 dd. 30.11.1992 e n. 347 dd. 17.05.1993), bastava che le condizioni previste dalla legge (il matrimonio con il cittadino italiano e la residenza legale in Italia di sei mesi successiva al matrimonio) sussistessero prima della presentazione dell'istanza, senza che perciò avesse alcun rilievo il successivo scioglimento del vincolo matrimoniale o il trasferimento all'estero della residenza .

Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero dell’Interno su base regionale, nel 2010 su un totale di 38.013 domande, solo 8.270 provenivano dalla Lombardia, seguita dal Veneto con 4.693, Piemonte con 4.486, ed Emilia Romagna con 4.158 domande accolte.

In generale, storicamente, tutti i Paesi europei hanno adottato lo ius sanguinis mentre lo ius soli è proprio di quei paesi, come gli Stati Uniti d’America, che hanno avuto necessità di attrarre immigrazione per popolare un vasto territorio e coprire enormi esigenze di forza lavoro.

Da tempo, e ciclicamente, nella politica italiana si apre il dibattito sulle modalità di concessione della cittadinanza ai cittadini stranieri presenti sul nostro territorio, in particolare vengono avanzate proposte o di abbreviazione dei termini a favore dei residenti extra-comunitari o di adozione del principio dello ius soli per i bambini stranieri nati in Italia. Nella scelta tra i due criteri non si può prescindere da valutazioni sia di carattere puramente giuridico che storico-sociale. Per il primo profilo, occorre rilevare che la Costituzione italiana pone nell’istituto della cittadinanza uno dei suoi cardini fondamentali, investendolo di un forte valore simbolico e rappresentandolo in stretto legame con il diritto di voto, il più importante diritto politico del nostro ordinamento. La Costituzione all’art. 48 conferisce espressamente ed unicamente ai soli cittadini il diritto di voto, senza distinguere tra voto politico e voto amministrativo.

Pretestuose, e per nulla pertinenti con il problema del diritto di voto, sono i rilievi per cui debba esservi connessione tra il lavorare, pagare le tasse e il votare per le elezioni locali. Le tasse vengono infatti utilizzate per finanziare tutti quei servizi (sanità, scuola, ecc) di cui gli extracomunitari usufruiscono. Dunque tali adempimenti servono solo a coprire gli inevitabili costi dati dal fenomeno immigratorio che, allo stato attuale, sono per ora soprattutto a carico delle Comunità e dei cittadini. Non bisogna dunque confondere tali argomentazioni con il problema della concessione del diritto di voto: il lavorare e il pagare le tasse su un territorio possono anche non presupporre la piena appartenenza a quella Comunità. Inoltre occorre ragionare sull’opportunità storica e strategica di applicare un principio piuttosto che un altro ad un determinato territorio in risposta alle esigenze specifiche dello stesso.

L’integrazione, mezzo per il raggiungimento della cittadinanza e non il suo contrario, presuppone necessariamente da parte dell’immigrato la ferma volontà non solo di rispettare le leggi vigenti, le regole nonché le tradizioni del paese ospitante ma anche di farle proprie. A seguito invece dell’intensificarsi dei fenomeni immigratori, la situazione è diventata di difficile gestione, tanto che, come dimostrano i sempre

più frequenti fatti di cronaca, l’integrazione non è così facilmente raggiungibile. A tutela di quello che è il nostro patrimonio non solo giuridico ma anche sociale, la Lega Nord ha sempre espresso contrarietà a qualunque modifica normativa che possa condurre alla c.d. “cittadinanza facile”.