Trasparenza
delle regole e tutela dei consumatori? Macché, per l'Europa queste sono cose
antiquate, «obsolete». Con una decisione che sa tanto di beffa Bruxelles ha
bocciato la normativa sull'etichettatura dei prodotti. D'ora in avanti, in
pratica, la scritta "Made in" sarà facoltativa. Dopo sette anni di pressioni,
interventi, allarmi italiani sull'invasione dei prodotti a basso prezzo e sulla
necessità di proteggere le produzioni di qualità europee, la Commissione Ue ha
cassato la proposta di regolamento n. 611 del 2005, che prevedeva, appunto, di
imporre l'etichettatura di origine su i prodotti. Sette anni quindi buttati al
vento, con buona pace di tutti, produttori e consumatori, sacrificati ancora una
volta sull'altare del libero mercato e della volontà d i quei Paesi, come
Germania, Gran Bretagna e gli scandinavi, che non hanno alcun interesse a
tutelare le produzioni di qualità, essendo estranei di fatto al fenomeno della
contraffazione.
Il fronte composto da Italia, Francia e Spagna ha dovuto
incassare una pesante sconfitta. La motivazione ufficiale fornita da José Manuel
Barroso, durante l'annuncio del programma di governo per il 2013, recita che
«Oltre alla mancanza di accordo in Consiglio, recenti sviluppi
nell'interpretazione legale delle regole del l 'Organizzazione mondiale del
commercio hanno reso la proposta non attuale». E pensare che solo due anni fa,
nel 2010, l'Europarlamento si era espresso a favore del marchio di origine,
definendolo una condizione necessaria «per dare maggiore tutela ai consumatori e
consentire alle imprese di affrontare ad armi pari i concorrenti». Ora invece,
a quanto pare, il clima è cambiato e il cartello del "made in", la cordata di
Paesi che sostenevano la norma, non può che prenderne atto. Esultano,
naturalmente in silenzio, tutti gli imprenditori furbetti, che fanno produrre
in Paesi arretrati nascondendosi poi dietro a un marchio famoso o "di qualità".
Sono al contrario molto arrabbiati tutti gli altri.
«Con
questa decisione - ha dichiarato Lisa Ferrarini , presidente del Comitato
tecnico di Confindustria per la tutela del made in Italy - la Commissione
europea rinuncia ad un elemento fondamentale per la trasparenza del mercato e
l'informazione al consumatore». «Sapevamo - spiega Ferrarini - che la proposta
sostenuta dall'Italia era bloccata in Consiglio per l'opposizione dei Paesi del
nord, insensibili alle esigenze delle aziende europee che competono con i
produttori sovvenzionati delle economie emergenti e sapevamo che la tutela del
manifatturiero sta veramente a cuore, oltre che a parole, soltanto a chi fa
delle sue produzioni un esempio di qualità, sicurezza e rispetto delle
normative sociali ed ambientali. Questa decisione lascia un vuoto legislativo
che sarà difficile colmare». «Il governo - prosegue la Ferrarini - aveva il
duro compito di ottenere il necessario consenso in Consiglio e l'azione di
Confindustria a sostegno è stata costante e capillare, negoziando con tutte le
organizzazioni industriali dei Paesi contrari e con i loro governi. Ora
cercheremo di capire se e come sarà possibile riprendere la battaglia, anche se
siamo consapevoli che il clima in Europa non è favorevole». Dal governo di Mario
Monti non una parola è stata spesa su Ila grave sconfitta delle istanze
italiane, nonostante la proposta di tutelare i nostri prodotti non avesse, in
sostanza, un colore politico, essendo stata portata avanti da tutti i governi
succedutisi dal 2005 a oggi. Tutti tranne uno.
"La Padania" del 26.10.2012