domenica 28 ottobre 2012

SPRECHI/ Per il sito dell'Inail 25 milioni di euro. Per i morti sul lavoro meno di 2 mila euro

Poco più di mille euro. Tanto sembrerebbe valga la vita di un uomo. Soprattutto se si è giovani e si muore sul posto di lavoro. Nicola Cavicchi, operaio di San Martino, in provincia di Ferrara, morto sotto le macerie della ceramica Sant'Agostino, in seguito al terremoto in Emilia. Matteo Armellini, operaio 31enne morto schiacciato dal crollo del palco per il concerto della cantante Laura Pausini. Sono solo due dei tanti esempi che si potrebbero fare. Entrambe le famiglie dei due ragazzi hanno ricevuto dall’Inail, l’ente pubblico contro gli infortuni sul lavoro, un risarcimento di circa 1.900 euro. Un rimborso per le spese funerarie, nulla più. La colpa – ci tengono a precisare dall’ente – non è certo la loro: non si può, d’altronde, che applicare quanto prescrive la legge.

E la legge in questione, la numero 1124, risale addirittura al 1965. Una legge vecchia che assegna risarcimenti secondo criteri altrettanto vecchi. Ed è la stessa Inail a riconoscerlo in una nota, nella quale si ammette che la legge non tiene affatto conto “di cambiamenti significativi intervenuti sia nel lavoro sia nella famiglia: dalle diffuse condizioni contrattuali iniziali e flessibili, che si traducono in rendite molto basse per i familiari dei superstiti, alle convivenze di fatto di molte coppie non sposate”.
Insomma, la legge dev’essere cambiata. Dovrebbe essere un gesto di rispetto nei confronti di famiglie che, oltre a subire il dramma della scomparsa di un figlio, si vedono anche beffati da un risarcimento pari a zero. Ma, come detto, non dipende dall’ente il quale non può far altro che applicare la legge.
È pur vero, però, che l’ente sa il fatto suo. E, soprattutto, sa come spendere i suoi soldi. Ildue agosto scorso proprio l’Inail indice un bando. Oggetto dell’appalto – si legge proprio sul sito dell’ente – riguarda “i servizi di gestione e sviluppo software e la gestione delle attività redazionali del sito istituzionale”. In pratica, un appalto sullo sviluppo e sulla gestione del sito dell’Inail. Andando avanti, la cosa si fa ancora più curiosa, soprattutto in relazione ai costi. L’appalto, infatti, è diviso indue lotti. Il primo, “per i servizi di sviluppo software e gestione dei siti web”, ha un importo globale di 20.113.000 euro per la durata di 48 mesi. Il secondo, “per i servizi di publishing redazionale (in altre parole, la pubblicazione sul sito, ndr)”, ha un importo di 4.666.200 per la durata di 36 mesi. Totale:quasi 25 milioni di euro (24.779.200). Una spesa stratosferica per la manutenzione e gestione del sito istituzionale.
Non solo. Nel comunicato del 2 agosto si legge anche che “l’iniziativa produrrà un risparmio stimato di circa 4 milioni di euro, grazie all’introduzione di meccanismi innovativi per la gestione della fornitura”. Ammettiamo sia vero. Come ha sottolineato l’onorevole Marco Rondini in un’interrogazione parlamentare, “l’istituto spende oggi 25 milioni di euro per rifare il sito, per guadagnarne poi - in termini di riduzione dei costi - 4 milioni ogni anno, vale a dire che dovranno trascorrere 6 anni prima che l’Istituto inizi a risparmiare”. Ancora più discutibile, poi, il lotto 2 dato che, nei fatti, l’Istituto spenderà quasi 5 milioni di euro per pagare un soggetto esterno che inserisca i contenuti sul sito.
Insomma, l’ente pubblico risarcisce con meno di duemila euro i morti sul lavoro. Ma poi spende 25 milioni per rifare il sito. Niente spending review per l’Istituto. Questione di priorità